Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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lunedì 28 settembre 2015

M.Landini: Pietro Ingrao e i suoi operai costituenti


IL SOGNO E LA REALTA'
Cosa mi ha insegnato Pietro Ingrao?
...Che senza immaginare il futuro, anche l'analisi della realtà concreta e' impossibile.....
addio Pietro, cent'anni di solitudine..... (fe.d.)

Arti­colo uscito nel sup­ple­mento spe­ciale al mani­fe­sto per i cento anni di Pie­tro Ingrao il 31 marzo scorso.

Quando, nel feb­braio scorso, il pre­si­dente del con­si­glio si è recato a Mira­fiori per ren­dere omag­gio all’amministratore dele­gato della Fiat (par­don, Fca…), e indi­carlo al paese quale rife­ri­mento per le stra­te­gie da adot­tare anche nel rap­porto con i lavo­ra­tori, ho pen­sato imme­dia­ta­mente a Pie­tro Ingrao.
In par­ti­co­lare, al suo discorso di tren­ta­sette anni prima alle accia­ie­rie di Terni.
Ricor­reva il tren­ten­nale dell’entrata in vigore della nostra Costi­tu­zione e Ingrao, all’epoca Pre­si­dente della Camera, che si recò in quello sta­bi­li­mento su invito del Con­si­glio di Fab­brica per par­lare della nostra Carta fon­da­men­tale, si rivolse agli ope­rai pre­senti defi­nen­doli «costi­tuenti». Li col­locò solen­ne­mente e for­mal­mente tra i padri costituenti.
Si dirà: ma in que­sti tren­ta­sette anni è cam­biato il mondo! Ed è senz’altro vero. Ma da qui ad assu­mere, per quanta acqua sia pas­sata sotto i ponti, come una natu­rale evo­lu­zione del senso civico il rove­scia­mento della fun­zione sociale del lavoro, così come defi­nita e posta a fon­da­mento della nostra Repub­blica, ce ne passa.
E’ stata uti­liz­zata la lunga crisi di que­sti anni per por­tare a com­pi­mento una gigan­te­sca ope­ra­zione di regres­sione del lavoro, nel ten­ta­tivo di ripor­tarlo a mero rap­porto di scam­bio, alla ori­gi­na­ria dimen­sione di merce.
Un’intera gene­ra­zione di gio­vani lavo­ra­tori è schiac­ciata da una pre­ca­rietà diven­tata con­di­zione strut­tu­rale. La corsa alla moder­niz­za­zione del lavoro nell’epoca dell’economia glo­bale si sta con­clu­dendo al tra­guardo del ritorno all’antico. Una lunga sta­gione segnata dall’affermazione dei diritti del lavoro e nel lavoro si sta rove­sciando nel suo con­tra­rio. Quando si passa, come con il Jobs Act ren­ziano, dalla tutela dei lavo­ra­tori alla tutela dai lavo­ra­tori non si è sem­pli­ce­mente di fronte ad una discu­ti­bile riforma del mer­cato del lavoro, ma al com­pi­mento di una stra­te­gia che vuole riscri­vere un intero modello sociale e chiu­dere a dop­pia man­data un intero ciclo di con­qui­ste che hanno avuto i lavo­ra­tori come protagonisti.
Soli­tu­dine poli­tica delle per­sone che lavo­rano e fran­tu­ma­zione dei legami sociali non pos­sono essere l’epilogo di que­sta fase. La Fiom ad esso non si ras­se­gna. Ecco per­ché pen­siamo sia giunta l’ora di non limi­tarsi solo ad un’azione di resi­stenza per ritar­dare il com­pi­mento di un destino scritto nei pro­cessi reali, che per quanto ci riguarda si tra­dur­rebbe nel rin­chiu­dere una sto­ria nel recinto dell’aziendalismo e del cor­po­ra­ti­vi­smo. Ecco per­ché pen­siamo come neces­sa­rio rites­sere la trama di legami sociali soli­dali che, per effetto dei pro­cessi eco­no­mici e delle scelte poli­ti­che, è stata sfilacciata.
Ecco per­ché lavo­riamo al pro­getto di coa­li­zione sociale.
Diven­tano cen­trali, in que­sta situa­zione, i temi e le domande sul senso del lavoro, e sul rap­porto tra lavoro e vita, che Pie­tro Ingrao da anni va ponendo all’attenzione del dibat­tito poli­tico, spesso ina­scol­tato o non com­preso. La sua capa­cità di leg­gere con largo anti­cipo i pro­cessi di fondo, il dub­bio assunto come metodo, hanno costi­tuito gli ele­menti fon­danti di una rela­zione feconda e stret­tis­sima intrec­ciata nelle lotte dei metal­mec­ca­nici con il loro sin­da­cato, la Fiom, e con chi l’ha diretta in anni dif­fi­ci­lis­simi ma ric­chi di suc­cessi, come Bruno Trentin.
Per me scri­vere di Ingrao nel momento in cui la sua vita rag­giunge un’età straor­di­na­ria è motivo di par­ti­co­lare gioia e orgo­glio. Per ciò che Ingrao rap­pre­senta per la Fiom (di cui è il primo iscritto ono­ra­rio!); per ciò che rap­pre­senta per intere gene­ra­zioni che hanno in lui un rife­ri­mento poli­tico, etico e morale.
E per dir­gli pub­bli­ca­mente ciò che non ho avuto modo di fare pri­va­ta­mente: che la sua ine­sau­ri­bile curio­sità per le cose grandi e pic­cole del mondo e della vita rap­pre­senta uno sti­molo for­mi­da­bile per tutti noi ad andare avanti.
[Buon com­pleanno, Pietro.] [Pietro Ingrao è morto a Roma il 27 settembre 2015, ndr]

* L’autore è il segre­ta­rio gene­rale della Fiom Cgil



sabato 26 settembre 2015

Tina Tomasi: educare significa....


"Educare significa aiutare qualsiasi essere umano senza alcuna preclusione nel difficile processo di autoliberazione"

Tina Tomasi Ventura (1912-1990)
da: Ideologie libertarie e formazione umana, Firenze, 1973


Tomasi Ventura, Tina nell'Enciclopedia Treccani

martedì 22 settembre 2015

Inquisitori contro la libertà di espressione del pensiero


La Procura di Torino, nel suo delirio di onnipotenza, accusa Erri De Luca di essere "un intellettuale influente". Non siamo nel Medioevo, ma è oggi, in Italia....grazie a tutti i pii devoti della"legalità'" e dei pm.

http://ilmanifesto.info/laccusa-vuole-erri-de-luca-in-cella/

L'educatore secondo Paulo Freire


PAULO FREIRE




"Non potrei mai pensare all'educazione senza amore e ciò perché penso di essere un educatore prima di tutto perché provo amore",
cit. da Petr Mayo, "Gramsci, Freire...", 1999 (ed.it. 2007, pag.32)

domenica 6 settembre 2015

L'educazione secondo Paulo Freire


..."non esiste alcuna cosa che sia un processo educativo neutrale. L'educazione, o funziona come uno strumento utilizzato per facilitare l'integrazione delle generazioni nella logica del sistema attuale e per determinare la conformità ad esso, oppure diventa la "pratica di libertà", il mezzo attraverso cui gli uomini e le donne affrontano la realtà criticamente e creativamente, e scoprono come partecipare alla trasformazione del loro mondo. "...

cit. in Peter Mayo, Gramsci, Freire e l'educazione degli adulti, Delfino ed., 2010, pag. 23