Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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giovedì 29 ottobre 2009

Un articolo di Andrea Catone inviato a Liberazione (che ha deciso di non pubblicarlo)

Alla domanda che F. Giannini pone al compagno Ferrero sulle ragioni che impedirebbero un processo di unificazione dei comunisti, a partire dall’unità di Prc e Pdci (Liberazione 16/10/09), risponde un articolo intitolato “l’unità dei comunisti non è sufficiente per la trasformazione sociale” del segretario regionale umbro S. Vinti. Il quale tuttavia non sostiene che l’unità dei comunisti sarebbe insufficiente alla costruzione di un fronte sociale e politico anticapitalista (cosa che nessun comunista serio, che non pensa in modo autoreferenziale, mette in dubbio), ma che essa sarebbe un vero e proprio ostacolo a tale costruzione.Di fronte alla questione di profilo strategico dell’unità dei comunisti, la risposta è del tutto elusiva, non entra nel cuore del problema. Contro l’unità dei comunisti, Vinti scrive che 1. essa “stravolgerebbe” l’esito del congresso di Chianciano.Ma cosa è stato l’ultimo congresso del PRC? Non ha avuto forse come posta in gioco l’affermazione dell’opzione comunista del PRC contro il progetto di Vendola di costruire un’altra “cosa” di sinistra, diversa e alternativa ad essa? Non è stato forse vissuto così dalle decine di migliaia di compagni che hanno strenuamente lottato (e in Puglia con armi assolutamente impari) nei congressi? Se è stato questo (e non un regolamento di conti tra ceti politici all’indomani della clamorosa disfatta dell’Arcobaleno), allora il rafforzamento dell’opzione comunista con l’unificazione dei comunisti non sarebbe affatto lo stravolgimento di Chianciano, ma un suo positivo sviluppo.2. Manca l’elemento fondamentale per una unificazione: una cultura politica comune. Se davvero fosse così, non vi sarebbe una base reale per proporre la riunificazione, e bisognerebbe anzi contrastare con forza tale proposta. Ma è proprio così? Quali sono oggi i fattori profondi (non effimeri, di superficie, di ‘umore’) di divergenza con i compagni del Pdci? Lo “scopo finale” (Endziel)? forse che il Pdci colloca il suo agire politico all’interno dell’orizzonte capitalistico e delle sue compatibilità (quale è l’orizzonte ‘riformista’ con vocazione “governista” abbracciato da Vendola)? O forse è una concezione della politica tutta all’interno del quadro istituzionale o, viceversa, tutta fuori di esso, extraparlamentare, mentre i comunisti combinano entrambe? O il riferimento ad uno “stato guida”, l’adesione ad un ‘partito internazionale’ incompatibile con la politica comunista? Oppure il dogmatismo? O il “revisionismo”? Nulla di tutto questo. L’argomentazione principale di Vinti è che nel Pdci vi è il “centralismo democratico”, che il Prc ha rigettato sin “dalla sua fondazione”.Ora, a parte il fatto che autorevoli esponenti della maggioranza che governa il partito lo hanno di recente riproposto (cfr. Burgio, Liberazione 4.8.09), gli esempi prodotti da Vinti sono palesemente inconsistenti: “il Pdci deve riunire il CC anche per firmare un comunicato stampa unitario”. Ma il segretario regionale umbro cosa propone? Una gestione anarchica e caotica del partito, dove il primo che passa decide per tutti gli altri? Oppure, una gestione cesaristica e autoritaria, in cui il segretario decide tutto, come è accaduto con la deleteria gestione bertinottiana, quando i compagni del cpn apprendevano dai media di importantissime decisioni (come la costituzione della SE)? (Invero anche l’annuncio della federazione della sinistra alternativa è avvenuto prima di una discussione negli organi di direzione del Prc).L’altro forte punto dirimente indicato da Vinti sarebbe nel fatto che il Prc dal 2001 è “interno a qualsiasi mobilitazione o vertenza” contro il neoliberismo e la guerra, mentre “il Pdci si presenta solo ai cortei con le sue bandiere”. Sulla “internità” ai movimenti, liberiamoci per favore della retorica parolaia! I comunisti hanno alle spalle una grande tradizione che li ha visti promuovere e partecipare ai movimenti di massa, ma da comunisti, il che non significa agitare bandiere o striscioni, ma elaborare – sulla base di quello che gli elementi più avanzati esprimono – una linea politica che, contro posizioni economico-corporative, miri sempre a collegare la lotta particolare con quella generale per il socialismo. I comunisti sono interni ai movimenti di massa, ma non alla loro coda, non annullando la loro funzione di comunisti.Se le obiezioni fossero solo quelle qui proposte, non vi è alcun razionale motivo per non avviare un confronto leale, aperto e concreto tra i due partiti al fine di arrivare rapidamente alla riunificazione per dar vita ad un partito comunista di più ampio respiro. Se vi sono obiezioni politicamente consistenti, è bene che si manifestino alla luce del sole, che si avvii una seria discussione in merito. Non c’è nulla di peggio - in una situazione politicamente drammatica per i comunisti, che richiede il massimo di chiarezza nelle scelte - dell’ambiguità e dei silenzi, del fare i pesci in barile.
Andrea CatoneResponsabile della Formazione – segreteria regionale PRC- Puglia

lunedì 26 ottobre 2009




ILTESTO DELL’APPELLO PER IL NO BERLUSCONI DAY DEL 5 DICEMBRE

A noi non interessa cosa accade se si dimette Berlusconi e riteniamo che il finto “Fair Play” di alcuni settori dell’opposizione, costituisca un atto di omissione di soccorso alla nostra democrazia del quale risponderanno, eventualmente, davanti agli elettori. Quello che sappiamo è che Berlusconi costituisce una gravissima anomalia nel quadro delle democrazie occidentali -come ribadito in questi giorni dalla stampa estera che definisce la nostra “una dittatura”- e che lì non dovrebbe starci, anzi lì non sarebbe nemmeno dovuto arrivarci: cosa che peraltro sa benissimo anche lui e infatti forza leggi e Costituzione come nel caso dell’ex Lodo Alfano e si appresta a compiere una ulteriore stretta autoritaria come dimostrano i suoi ultimi proclami di Benevento.
Non possiamo più rimanere inerti di fronte alle iniziative di un uomo che tiene il Paese in ostaggio da oltre15 anni e la cui concezione proprietaria dello Stato lo rende ostile verso ogni forma di libera espressione come testimoniano gli attacchi selvaggi alla stampa libera, alla satira, alla Rete degli ultimi mesi. Non possiamo più rimanere inerti di fronte alla spregiudicatezza di un uomo su cui gravano le pesanti ombre di un recente passato legato alla ferocia mafiosa, dei suoi rapporti con mafiosi del calibro di Vittorio Mangano o di condannati per concorso esterno in associazione mafiosa come Marcello Dell’Utri.
Deve dimettersi e difendersi, come ogni cittadino, davanti ai Tribunali della Repubblica per le accuse che gli vengono rivolte.
Per aderire alla manifestazione, comunicare o proporre iniziative locali e nazionali di sostegno o contattare il comitato potete scrivere all’indirizzo e-mail:mailto:noberlusconiday@hotmail.it

sabato 24 ottobre 2009

L’89 è anche l’anno del primo viaggio negli Usa di un segretario del Pci

Andai accompagnato da Napolitano. Una sera a cena, seduto a uno di quei tavoli rotondi da ricevimento, c’era William Colby, l’ex-direttore della Cia. Mi disse: “Ho lavorato tanto tempo in Italia per distruggere il suo partito e adesso siamo qui a mangiare insieme”.

(Dall’intervista ad Achille Occhetto sulla svolta della Bolognina, Il Riformista, 21 ottobre 2009)

giovedì 22 ottobre 2009

libri in lettura: Il sarto di Ulm di Lucio Magri

Il sarto di Ulm. Una possibile storia del Pci
Lucio Magri -- Il Saggiatore 2009

Agli inizi degli anni Sessanta il Pci rappresentava ormai un quarto degli elettori e conservava quasi due milioni di iscritti; raccoglieva simpatia, o almeno attenzione, nei paesi e nei movimenti che si stavano liberando del colonialismo; era incoraggiato e a sua volta incoraggiava una classe operaia che dava nuovi segnali di combattività; incontrava una giovane generazione di nuovo politicizzata e una intellettualità nella quale finalmente penetrava un marxismo non più dogmatico e canonico; avviava un dialogo con minoranze cattoliche gradualmente affrancate dall'anticomunismo assoluto di papa Pacelli; governava con buoni risultati importanti regioni del Paese. Soprattutto era ormai unito e convinto su una strategia univocamente definita: "la via italiana". Si apriva quindi per il Pci, per quel Pci, una partita nuova nella quale erano in gioco l'identità faticosamente costruita e la sua futura esistenza. Ma era realmente una partita aperta? Quarant'anni dopo, sappiamo come si è conclusa. Il Pci, come forza organizzata e pensiero compiuto, è morto. E pressoché nessuno ne rivendica l'eredità. Non è morto per un improvviso colpo apoplettico, trascinato nel crollo dell'Unione Sovietica, dalla quale da tempo aveva preso le distanze. Né per stanchezza o estinzione, perché ha mantenuto fino alla scomparsa una forza elettorale notevole (il 28%) e un peso nella società e nel sistema politico.

martedì 20 ottobre 2009

"Non vorremmo che l’azione della Gelmini costituisse l’interpretazione autentica del Tremonti-pensiero, ovvero poiché il lavoro fisso è fondamentale, licenziamo i precari. Infatti, proprio mentre il Ministro dell'Economia esprimeva il suo pensiero sull’importanza del lavoro stabile il governo approvava un decreto che confermava il sostanziale “licenziamento” di circa 25mila lavoratori precari della scuola. Precari licenziati proprio grazie ai tagli di Tremonti... Di fronte all'attacco portato avanti a testa bassa dal Governo contro la scuola pubblica urge una mobilitazione ancora più forte e determinata". E' quanto afferma Piergiorgio Bergonzi, responsabile Scuola del PdCI - Federazione della Sinistra.

lunedì 19 ottobre 2009

LE DICHIARAZIONI DI ORAZIO LICANDRO E DELLA SEGRETERIA NAZIONALE DEL PDCI SULLA GRAVISSIMA INTIMIDAZIONE DI TIPO MAFIOSO FATTA DA CANALE 5 AI DANNI DEL GIUDICE MESIANO, PEDINATO, SPIATO, RIPRESO E POI ESPOSTO IN TV E DIFFAMATO. http://www.pdcitv.it/video/2189/Licandro-sul-caso-Mesiano

sabato 17 ottobre 2009

Tagli di civiltà e di cultura

Esiste un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l’ignoranza
(Socrate)

Lo spazio pubblico della scuola è sotto attacco. E lo è da diversi punti di vista, tanto che il fenomeno dell’espulsione dei precari ‘storici’ costituisce solo la punta dell’iceberg, drammatico ed esemplificativo. Si vuol far passare il problema del precariato come ‘problema umanitario’, semmai di una necessità di ammortizzatori sociali, risolto (?) con i vergognosi ‘contratti di disponibilità’, che hanno visto contraria la sola CGIL. Ma ciò che si tace, è che senza questi ‘precari’ la scuola non avrebbe funzionato, e che senza questo indispensabile e prezioso personale della scuola non può esserci futuro per la qualità didattica e per la formazione adeguata delle nostre giovani generazioni. Tutto procede in questa maniera: sul tema della scuola è palese l’occultamento ‘ideologico’ (in senso marxiano) dei dati di fatto empirici, la falsificazione sistematica degli obiettivi veri, la costruzione di una ‘falsa coscienza’ delle classi dominanti del nostro paese.
La matrice di quest’attacco inaudito ha due facce: quella economica dei tagli selvaggi, della progressiva pauperizzazione strutturale (ammantata ideologicamente con il termine ‘razionalizzazione’) e quella culturale, nel senso che alla alfabetizzazione culturale di massa si vuole sostituire la cultura dell’impresa, del mercato, del denaro (ammantata ideologicamente con il termine ‘liberalizzazione’). Naturalmente si procede sulla testa di studenti, docenti, famiglie, dirigenti, personale della scuola. Ma con grave danno per tutti, per l’intero tessuto culturale del nostro paese. Per rendere organico l’attacco e innescare processi scarsamente reversibili, è necessario, all’attuale ministro dell’Istruzione e ai suoi mandanti Tremonti e Berlusconi, investire della politica di tagli e di deculturalizzazione la scuola secondaria superiore. Nella cosiddetta ‘riforma’ non si trova traccia di reali innovazioni pedagogiche, ma solo un goffo ricorso al linguaggio delle nuove tecnologie informatiche e telematiche, un involucro-simulacro, una forma ‘vuota’ in cui ridurre ai minimi termini gli impianti disciplinari e contenutistici. Ridurre, dunque: ridurre il numero dei professori, ridurre le discipline, ridurre l’orario per ridurre il tempo di permanenza a scuola; la revisione degli ordinamenti scolastici prevedono che il tetto massimo orario per gli istituti tecnici e professionali passi da 40 a 32, con l’abolizione degli esami di qualifica del terzo anno. La ‘razionalizzazione’ gelminiana prevede inoltre la ridefinizione dei criteri e dei parametri che presiedono alla formazione delle classi: incremento del rapporto alunni/docenti e alunni/classe; superamento delle attività di co-docenza e contenimento delle attività in compresenza tra docenti di teoria e insegnanti tecnico-pratici di laboratorio (riduzione del 30%); determinazione dell’organico dei docenti relativo ai corsi per l’istruzione degli adulti che tenga conto della serie storica degli alunni scrutinati e non di quelli iscritti, il che in parole povere significherà la scomparsa quasi totale dei corsi serali per l’istruzione degli adulti e degli studenti-lavoratori; accorpamento delle classi di concorso ai fini di una maggiore flessibilità nell’impiego dei docenti. Per completare, si prevede la riduzione nel triennio 2009/11 del 17% della consistenza del personale ATA determinata per l’anno scolastico 2007/08, il che appunto significa conseguentemente meno attività di laboratorio e di impiego della struttura scolastica, mattutino e pomeridiano.
La grancassa mediatico-propagandistica che accompagna gli annunci di Mariastar non sono sufficienti ad occultare, nascondere, mistificare la politica della tagliola che ancora più pesantemente si abbatterà, se non si ferma questa programmata demolizione, ancora più forte dal 2010. Il Consiglio dei Ministri, tra uno scandalo di escort e l’altro, è riuscito ad approvare, nel giugno scorso, questo disegno demolitore degli indirizzi della secondaria superiore. Da 400 indirizzi si passa a 6 licei con 10 opzioni per gli studenti. Due le new entry: il liceo musicale e coreutico e il liceo delle scienze umane. Il nuovo modello partirà gradualmente, coinvolgendo dall’anno scolastico 2010-2011 le prime e le seconde classi; entrerà a regime nel 2013.
La ’riforma’ spazza via gli attuali 396 indirizzi sperimentali, i 51 progetti assistiti dal ministero e le tantissime sperimentazioni attivate e propone sei licei: il liceo artistico, articolato in tre indirizzi (arti figurative, architettura-design-ambiente, audiovisivo-multimedia-scenografia); il liceo classico (sarà introdotto l'insegnamento di una lingua straniera per l'intero quinquennio); il liceo scientifico (oltre al normale indirizzo le scuole potranno attivare l'opzione scientifico-tecnologica, dove 'salta' il latino); il liceo linguistico (tre lingue straniere, dalla terza liceo un insegnamento non linguistico sarà impartito in lingua straniera e dalla quarta liceo un secondo insegnamento sarà impartito in lingua straniera); il liceo musicale e coreutico, articolato appunto nelle due sezioni musicale e coreutica (inizialmente saranno istituite 40 sezioni musicali e 10 coreutiche); infine, il liceo delle scienze umane che sostituisce il liceo sociopsicopedagogico, portando a regime le sperimentazioni avviate negli anni scorsi (le scuole potranno attivare un'opzione sezione economico-sociale, dove non è previsto lo studio del latino). Ed è proprio prendendo in esame quest’ultimo indirizzo che si rivela l’inconsistenza culturale dell’operazione berlusconian-gelminiana. Un caso eclatante, di specie.

inaugurazione

Da oggi, 17 ottobre 2009, il mio spazio blog passa da:

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al presente blog
Qui troverai tutti i miei scritti, articoli o interventi . Buona lettura e scrivetemi le vostre impressioni, riflessioni, ecc...

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