Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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martedì 20 marzo 2018

POTERE AL POPOLO RIPARTE


servizio di Adriana Pollice su Il Manifesto, 20/03/18
(Integrale)
Teatro Italia strapieno domenica a Roma, folla anche all’aperto, per l’assemblea di Potere al popolo, la prima dopo il voto del 4 marzo. Almeno duemila i partecipanti, più numerosi del primo incontro di quattro mesi fa. Sul palco sale Viola Carofalo, portavoce della lista nata dall’esperienza dell’Ox Opg Je’ so’ pazzo di Napoli, e la sala le tributa una standing ovation. Tutti in piedi a intonare «lottare, creare, potere popolare!». Una lacrima scappa, una battuta («adesso basta se no si capisce che vi ho pagato») e l’assemblea può cominciare con l’analisi del voto: dove ci sono nuclei attivi nelle comunità di riferimento, Pap si è attestata intorno al 4,5% ma dove non sono conosciuti la media precipita, il risultato finale su base nazionale si ferma all’1,13%.
In platea l’età media è 30 anni,alla fine gli interventi saranno cinquanta. Tra il pubblico tre dei volti noti che hanno sostenuto Pap: il regista Citto Maselli, il cantautore Paolo Pietrangeli e l’allenatore Renzo Ulivieri. Tra i relatori, un rappresentante del Partito comunista della Repubblica popolare di Donetsk. Presenti in sala esponenti della comunità curda. Intervengono dal palco i rappresentanti dei partiti che hanno aderito a Pap per annunciare che rimarranno nel progetto. Così afferma, ad esempio, il segretario del Pci (ex Pdci) Mauro Alboresi. L’ex segretario Fiom Giorgio Cremaschi, a nome di Eurostop, sottolinea: «Pap resta in campo come soggetto autonomo». Il segretario di Rifondazione Comunista, Maurizio Acerbo, spiega: «Continuiamo a sostenere il progetto di Potere al popolo. Il risultato elettorale non ci scoraggia ma anzi ci motiva a insistere per un’alternativa di sinistra, che sia radicale e punti sulla solidarietà, di fronte al razzismo dilagante nelle altre proposte politiche».
Sul tavolo c’è il tema di come proseguire nel percorso, il punto su cui sono tutti concordi è la necessità di ripartire dal lavoro sui territori per non trasformare Pap in una lista di scopo da utilizzare per gli appuntamenti elettorali. Le conclusioni spettano a Viola, che dopo un’intera mattinata di testimonianze e confronti, si ripresenta sul palco con la platea ancora gremita: «La parola d’ordine è democraticizzazione: l’assemblea è stata e deve continuare a essere il cuore della decisione, anche se va affiancata da altri strumenti come un forum o una piattaforma internet, per ampliare la partecipazione. Se abbiamo fatto una bella campagna elettorale è perché ci siamo guardati in faccia». Altra parola chiave, spiega, è “esempio”: «Chi ci ha conosciuto e chi ha conosciuto cosa facciamo nei luoghi dove siamo attivi ci ha seguito, per questo esempio e radicamento sono due parole chiave. Facciamo proliferare le case del popolo, vediamoci nelle piazze, nelle abitazioni dei compagni, nei luoghi occupati per praticare mutualismo, solidarietà, antirazzismo, antisessismo. Quando ci dicono “ma chi se ne frega dell’antifascismo, dell’antirazzismo e dell’antisessismo” rispondiamo “interessa a noi”».
Infine, c’è la necessità di coordinare azioni comuni su temi generali e su questo arriva la conclusione di Viola: «Scuola, cancellazione del pareggio di bilancio, accoglienza, reddito e diritti sul luogo di lavoro saranno campagne nazionali, poi ci sono quelle dei singoli territori. Non sono discorsi diversi, vanno solo integrati. Saranno le pratiche a dirci se abbiamo visto giusto. Le parole ci dividono, i fatti ci uniscono e con i fatti vengono le persone. Persone che abbiamo solo dato solo in prestito ai 5S, alla Lega e all’astensione. Ma adesso ce li riprendiamo tutti».

mercoledì 14 marzo 2018

POTERE AL POPOLO E' ANCHE UN LIBRO!


Acquistabile on-line e in libreria

Incredibile cosa accade quando la bellezza e l’entusiasmo si scatenano, quando le persone si mettono insieme unite da un bisogno e da un ideale!
In tempi record e in mezzo a mille casini, siamo riusciti a mettere su anche un libro su Potere al Popolo.

Un istant book che serve a raccontare da dove nasciamo, perché, quale sia il nostro programma.
Un libro che serve a riflettere sull’attuale fase politica in Italia, sul senso della parola “democrazia”, sulla condizione dei lavoratori e dei precari, sulla devastazione ambientale, sulla necessità del mutualismo e del “controllo popolare”.
Un libro che dà un po’ di visione e di orizzonte, e che ci fa per un attimo uscire dall’asfittica politica italiana, per sognare e trasformare il sogno in realtà.
Un libro che mostra a tutti la nostra differenza: non siamo dei politici di professione che aspirano alla poltrona e si mettono insieme per un tornaconto personale, ma una comunità di persone “normali” che si è messa in cammino perché stanca di come vanno le cose, perché consapevoli che possono essere cambiate insieme!
Da lunedì le prime presentazioni in giro per l’Italia: ovviamente continueremo anche dopo, perché Potere al Popolo è nato per restare, è solo all’inizio!

A cura di Alessandro Di Rienzo e Salvatore Prinzi
Con scritti di Simona Baldanzi, Viola Carofalo, Guido Carpi, Luigi de Magistris, Alessandro di Rienzo, Valerio Evangelisti, Giuseppe Ferraro, Eleonora Forenza, Francesca Fornario, Citto Maselli, Jean-Luc Mélenchon, Salvatore Prinzi, Alberto Prunetti, Christian Raimo, Stefano Matteo Valenti, Alberto Ziparo.

Edizioni MOOKS Mondadori – Piazza Vanvitelli, Napoli, 2018.

mercoledì 7 marzo 2018

INSURGENCIA CONTINUA PER IL PODER POPULAR


l’1.13, pari a circa 372.000 voti, non ci consente di entrare in Parlamento, ma ci consentirebbe di lavorare per l’unita’ della sinistra di classe e per la riaggregazione dei comunisti e di tutti coloro che si oppongono, con valori egualitari e mutualistici, alla società capitalista e al suo imperialismo militare e culturale. Le contraddizioni sociali hanno ora un loro punto di detonazione nelle contraddizioni politiche. L’insurgencia deve continuare. (fe.d.)


giovedì 1 marzo 2018

Lavoro, rappresentanza, antifascismo, pace. Perché “Potere al Popolo”

di Alex Höbel, Segreteria nazionale PCI, responsabile cultura

170 anni fa Marx ed Engels, nel Manifesto del Partito comunista, affermavano con chiarezza che i comunisti “non hanno interessi distinti dagli interessi del proletariato nel suo insieme” e la loro specificità è quella di “rappresentare sempre l’interesse del movimento complessivo”[1].
Quale rapporto esiste fra queste considerazioni e la realtà di oggi? A me pare che questo insegnamento di Marx ed Engels sia più attuale che mai. Nel contesto in cui viviamo, i lavoratori salariati – stabili e precari, italiani e immigrati, insomma il moderno proletariato – hanno tra i loro maggiori problemi quello di essere frammentati, divisi, dispersi. Tra le priorità dei comunisti non può dunque non esservi l’obiettivo della ricomposizione di classe – sul terreno sociale e su quello politico; la ricostruzione della classe è insomma altrettanto importante della ricostruzione del partito, e se i comunisti fanno bene il loro mestiere questi due processi possono viaggiare assieme, dialetticamente.
Tuttavia anche questo, data la profondità del conflitto di classe in corso, non sarebbe sufficiente: accanto alla ricomposizione di classe e alla ricostruzione del partito, è necessario un vasto schieramento di forze – un moderno Fronte popolare – che individui chiaramente i suoi nemici nelle élites della finanza e del capitalismo transnazionale e rilanci il modello di democrazia sociale e partecipata che è al centro della nostra Costituzione. In nuce, è lo schieramento che si è manifestato il 4 dicembre 2016, in quella grande vittoria nel referendum costituzionale che ha aperto una nuova fase della lotta politica nel nostro paese.
Il secondo problema che lavoratori e lavoratrici si sono trovati di fronte in questi anni è quello della perdita di ogni rappresentanza parlamentare. Riconquistare tale rappresentanza è dunque un altro obiettivo fondamentale della fase attuale, ed è esattamente questo il tema posto dalla coalizione che si riconosce nelle liste di Potere al Popolo, diversamente da cartelli elettorali del passato, molto meno connotati in termini di classe.
I lavoratori devono insomma recuperare cose essenziali che hanno perso: l’organizzazione, la coscienza di sé, la rappresentanza. I comunisti possono e devono contribuire in modo decisivo al raggiungimento di tali obiettivi; tuttavia, come è stato osservato, non possono conseguirli da soli: occorre che essi siano parte attiva e lievito di “un vasto Fronte anticapitalista e di popolo”; e nella costruzione di tale fronte l’esperienza di Potere al Popolo può essere un passaggio importante[2].
Del resto, in questi anni, le risposte più efficaci alla restaurazione neoliberista sono venute, oltre che da realtà statuali di orientamento socialista come la Cina popolare, da quelle esperienze di fronte ampio che si sono sviluppate soprattutto in America Latina, e alle quali i comunisti hanno in diverse forme contribuito, a partire dal Venezuela bolivariano. Ma anche in Europa abbiamo esperienze significative che vanno in tal senso: in Francia l’accordo tra Pcf e France Insoumise di Mélenchon ha permesso al candidato della sinistra di raggiungere il 19% alle elezioni presidenziali; in Portogallo il Partito comunista si presenta alle elezioni nella Coalizione democratica unitaria (Cdu) che all’ultima consultazione ha superato l’8%.
In Italia nella coalizione raccolta attorno a Potere al Popolo si riconoscono diverse organizzazioni comuniste (oltre a noi del Pci, il Prc e la Rete dei comunisti), il cartello di Eurostop, Sinistra anticapitalista e naturalmente i compagni dell’ex Opg, che pure avevano avviato una riflessione sui temi prima accennati e che hanno avuto il merito di promuovere l’iniziativa in netta discontinuità con metodi e contenuti del “Brancaccio”.
Potere al Popolo si caratterizza non solo per il suo porre l’attuazione della Carta costituzionale come primo punto e filo conduttore del suo programma[3], proponendo tra l’altro la cancellazione del pareggio di bilancio inserito in Costituzione, ma anche per il suo affrontare temi cruciali come il lavoro, l’economia, la pace, con un approccio totalmente alternativo rispetto al discorso dominante: proponendo di ripristinare il “controllo pubblico democratico sull’economia”, di nazionalizzare la Banca d’Italia e istituire un polo finanziario pubblico a partire dalla ripubblicizzazione di Cassa depositi e prestiti, di ridurre l’orario di lavoro a parità di salario per lavorare meno e tutti, di contrastare razzismo e xenofobia aumentando la spesa sociale e le tutele per tutti i lavoratori, di superare il precariato cominciando con l’abolire il Jobs Act, di invertire completamente la rottarispetto alle politiche neoliberiste degli ultimi anni rilanciando il ruolo dello Stato nell’economia, di tassare i grandi patrimoni, combattere seriamente l’evasione fiscale, redistribuire la ricchezza, rilanciare e rinnovare lo Stato sociale. Tutti elementi che rimandano a un modello di società radicalmente alternativo a quello in cui viviamo.
Non solo: Potere al Popolo ha fatto proprie parole d’ordine avanzate come la fuoriuscita dell’Italia dalla Nato e la rottura coi trattati dell’Unione Europea, la cancellazione del programma di acquisto degli F35 e del Muos in Sicilia, lo smantellamento delle basi militari in tutto il paese, la rimozione delle testate nucleari presenti in Italia e la restituzione a fini civili dell’uso del territorio. Anche sui temi di politica estera dunque le posizioni espresse nel programma sono nette e radicali, con una forte consonanza con la tradizione e la cultura politica dei comunisti.
Allo stesso modo, nelle ultime settimane, di fronte alla risorgente aggressività neofascista, che cresce su un terreno sociale e culturale lungamente preparato e di cui molti sono i responsabili, Potere al Popolo ha svolto un ruolo di avanguardia, in particolare nella mobilitazione di Macerata, dopo l’annullamento della manifestazione da parte delle organizzazioni promotrici. E questo ruolo l’ha svolto non isolandosi o cadendo in provocazioni, ma favorendo la partecipazione a quel corteo di un arco di forze ampio (da tante sezioni Anpi a forze sindacali, a settori di LiberieUguali), cosa che ne ha determinato il successo. A nostro parere PaP avrebbe fatto bene a partecipare anche alla manifestazione di Roma, contribuendo a caratterizzarla in modo diverso, ma in ogni caso è evidente che pure sul terreno dell’antifascismo Potere al Popolo sta giocando un ruolo importante.
Ecco perché, come è stato giustamente sottolineato[4], l’adesione del Pci al percorso della coalizione di forze che si riconoscono nella lista “Potere al Popolo”, lungi dal voler “liquidare” o “sciogliere” alcunché, è il tentativo di applicare alla situazione data gli insegnamenti provenienti dalla nostra storia.
Sappiamo che si tratta solo di una tappa, che molti settori popolari e di classe sono fuori da tale percorso; dunque non solo il Pci ma neanche Potere al Popolo può ritenersi autosufficiente, strumento esclusivo di quella ricomposizione di classe e riacquisizione di forza e rappresentanza politica da parte degli sfruttati che costituisce un processo più vasto e complesso. Tuttavia questa tappa, questa ripresa di parola e di iniziativa sono molto importanti. Per questo ad esse stiamo cercando di contribuire, con le nostre forze, le nostre idee, la nostra identità di comunisti.

Per questo il 4 marzo è importante sostenere le liste di Potere al Popolo.

[1] https://www.ilpartitocomunistaitaliano.it/2018/01/19/classe-popolo-partito-dialettica-antica-sempre-feconda/.

[2] https://www.ilpartitocomunistaitaliano.it/2018/02/01/ladesione-del-pci-a-potere-al-popolo-alcune-domande-e-alcune-considerazioni/.

[3] https://poterealpopolo.org/potere-al-popolo/programma/.